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Armo Aurico vs Bermudiano
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Armo Aurico vs Bermudiano
Come un po tutti sapete mi sono innamorato di un progetto di Dudley Dix relativo ad una goletta con armo aurico.....in questi ultimi giorni mi sto documentando molto su questo armo di cui non ho esperienza ed allora penso di farVi cosa gradita nel postarvi un po articoli
In questi ultimi tempi, in cui si comincia a mettere in dubbio molte delle tendenze che hanno caratterizzato l'evoluzione, negli ultimi cento anni, delle imbarcazioni da crociera a vela, sembra che la forma della attrezzatura, oltre che quella degli scafi, sia oggetto di forti critiche.
La regata, il puro agonismo, hanno portato a notevoli progressi la vela, sia dal punto di vista progettuale, che da quello tecnologico.
Nuovi materiali, quali in particolare quelli sintetici, hanno offerto opportunità immense, sia per la maggiore solidità e durata, riduzione nella manutenzione e conseguente economia, sia per taluni rendimenti ai fini della efficienza. Già la celebre "America" negli anni a metà del secolo scorso, si era presentata alle regate, stravincendo, in Inghilterra, con vele di tessuto speciale di cotone, a tessitura e trama più fitta ed omogenea delle vele fin allora in uso, dimostrando una grande efficienza aerodinamica, per la loro impermeabilità all'aria, indeformabilità, oltre al "taglio" molto avanzato per i tempi. E bisogna notare che a quei tempi gran parte delle conoscenze ed esperienze aerodinamiche erano totalmente ignorate. Non era ancora sorta la scienza e la sperimentazione dovuta all'avvento della navigazione aerea, e gli studi approfonditi sui profili alari dovevano in effetti svilupparsi con l'enorme balzo verificatosi nell'aeronautica fra il 1910 ed il 1930.
Se la competizione, la regata, hanno dopo il 1920 registrato un reale progresso nella progettazione velica, al fine di ottenere una prestazione migliore in termini di pura velocità e possibilità di stringere il vento, e dopo gli anni '30, con l'evoluzione dello "spinnaker" anche nelle andature portanti, tuttavia le formule, inventate a scopi agonistici, per far competere sportivamente alla pari imbarcazioni spesso molto diverse, hanno penalizzato la superficie velica, quale fattore preminente di produzione di energia cinetica.
Le conoscenze acquisite in aeronautica dimostravano che, per ottenere maggior efficienza (aerodinamica delle basse velocità, come quelle registrabili in una imbarcazione a vela, che può solo sfruttare flussi d'aria molto lenti, confrontati a quelli di un aereo), un "bordo di attacco" molto allungato, per una incidenza minima, crea forze maggiori a parità di superficie. Ciò ha portato a uno sviluppo in altezza dei piano velico, con una forte riduzione della superficie, ottenendo sensibili vantaggi a parità di superficie esposte nel computo delle formule, supplendo alle deficienze della ridotta superficie nelle andature portanti mediante l'uso e lo sviluppo di spinnaker e fiocchi, meno penalizzati dalle stesse.
Questa tendenza sorta per lo sfruttamento delle formule di regata, non ha però giustificazione su imbarcazioni che vengono impiegate per pura crociera. Gli alberi, sempre più alti e fini, per esigenze aerodinamiche nelle andature di bolina, sono divenuti sempre più delicati, oltre a offrire, quando si è costretti a ridurre vela per la forza del vento, resistenze e sforzi che hanno sempre più di frequente causato rotture ed avarie di carattere meccanico.
Le esigenze, invece, di una barca da crociera, sono ben diverse: le limitazioni dovute alle formule da regata, intese per rendere il più possibile livellati i rendimenti tecnici e teorici, penalizzando i fattori favorevoli alla velocità, e favorendo quelli inversi, non sono più preminenti. Pertanto la superficie velica non è più soggetta a limitazioni (fattore favorevole alla velocità), né è più richiesto di dover esasperare la lunghezza del lato di inferitura, per aver miglior prestazioni di bolina, ma perdendo in efficienza nelle andature portanti, da compensare con fiocchi di maggior rendimento e spinnaker costosi, di difficile maneggio per un equipaggio di normali forze e capacità tecniche. Ne consegue che non sarà più necessaria un'alberata altissima, delicata e che aggiunge sforzi a tutte le strutture, comprese quelle dello scafo.
Queste considerazioni hanno rallentato, nelle barche da pura crociera, per molti anni il passaggio dall'armo aurico a quello detto bermudiano o marconi. Solo nei tardi anni '30 l'armo bermudiano si è imposto anche sulle barche da crociera, per vari motivi. Uno è stata la moda, come spesso avviene. Il fascino delle barche da regata, che davano risultati sorprendenti di velocità ed efficienza nelle andature di bolina, anche perché i loro scafi erano progettati per ottenere i più notevoli rendimenti in assenza di mare formato, ha certamente influenzato gli yachtsmen ed i progettisti. Un'altro fattore di preferenza per l'armo bermudiano è stato certamente la maggior facilità di manovra e la sua semplicità: una randa triangolare, con una sola drizza, agevole da ammainare e rizzare al corto boma in caso di riduzione o eliminazione per eventuali colpi di vento, da un equipaggio di numero ridotto.
Esaminiamo ora i vantaggi del vecchio e tradizionale armo aurico.
Questo si basa su una randa trapezoidale, distesa fra l'albero, piuttosto corto, un boma ed un picco. La sua efficienza è dovuta alla notevole superficie ottenibile, maggiore relativamente all'altezza dell'albero, rispetto a quella triangolare bermudiana. Il lato alto della vela è issato portando a riva il picco, mediante due drizze, una detta di gola, assicurata appunto alla gola dello stesso, che scorre lungo all'albero, ed una seconda drizza detta di penna, assicurata alla varea del picco, che permette alla vela di assumere la sua forma trapezoidale.
Questa vela in origine veniva issata lungo un albero relativamente corto e robusto, che non necessitava di crocette ed irrigidimenti con sistemi complessi di sartie e sartiole, pennaccini ecc. Era per lo più costituito da un semplice fusto in legno, un semplice palo, assicurato alle lande con un altrettanto semplice insieme di sartie e stralli, eventualmente da sartie volanti per trattenerlo verso poppa.
Il vantaggio di tale armo era soprattutto di tenere molto basso il centro di spinta delle vele, e pertanto la coppia di sbandamento della barca, permettendo, così, di tenere a riva più vela anche quando il vento rinforza, guadagnando perciò anche in velocità su barche armate alla bermudiana, costrette a ridurre tela molto prima che con l'armo aurico. Altro vantaggio sul bermudiano, la maggior potenza ottenibile nelle andature portanti, senza dover ricorrere a spinnaker, fiocchi da lasco e altre vele inventate, appunto, per supplire alla scarsa potenza della vela triangolare bermudiana, a queste andature.
Inoltre l'armo aurico permette, con scarsità di vento, l'uso di una efficientissima controranda, costituita da una vela triangolare da sovrapporre alla randa, fra il picco e l'albero, (o alberetto sovrapposto all'albero). Altro vantaggio della vela aurica, è lo scarso sbandamento della barca che agevola sensibilmente la manovra all'equipaggio, creando una piattaforma più agibile sulla quale muoversi, con minor pericolo di essere sbalzati fuori bordo.
Come abbiamo anzidetto, la vela ha subito notevoli miglioramenti di efficienza e facilità di manovra negli anni fra i '20 ed il momento attuale. Anche per l'adozione di nuove tecnologie e materiali.
Questi progressi sono stati apportati esclusivamente all'armo bermudiano, il più usato nel campo agonistico, ed ora anche in crociera.
L'anno aurico, per contro, è rimasto quale era nella tradizione ottocentesca, utilizzato solo su barche destinate all'amante della vecchia marineria, spesso molto più "marinaio" del moderno velista.
E' facile immaginare cosa avrebbe potuto esser apportato in migliorie di efficienza e comodità di manovra, se il medesimo impegno fosse stato rivolto verso l'arino aurico.
Conservando le doti di efficienza di questo antico sistema velico, e apportando il patrimonio di esperienza e di tecnologia attuali, esso potrebbe venir portato a efficienze paragonabili a quanto oggi si vede e va per mare. Vogliamo menzionare l'introduzione di winch studiati per alleviare molta della fatica dell'equipaggio e il numero dello stesso, l'impiego di materiali più leggeri, il taglio delle vele, che potrebbe sfruttare le migliori conoscenze ricavate dalla esperienza aeronautica, i tessuti sintetici, ecc.
E' senz'altro vero che la vela bermudiana ha un rendimento maggiore, a parità di superficie velica, di quella aurica. Ma si deve considerare che la riduzione della detta superficie è solo un vantaggio nell'ambito delle formule di compenso per la regata. Se l'armo bermudiano è avvantaggiato nelle andature di bolina stretta, non lo è affatto, se non con l'ausilio di grandi e scomodi spinnaker, per le andature portanti.
Vediamo oggigiorno, che per certe classi da regata, non ultimo esempio la "Coppa America", si è adottata una randa steccata che ha una forma molto vicina a quella di una aurica con sovrapposta la controranda. Sono vele efficientissime, certamente più del tradizionale bermudiano. Sono però rande sprovviste di sistemi per ridurre vela (terzaroli), delicate (quante stecche abbiamo visto spezzate nelle ultime regate della "Coppa America"), certamente inadatte per la crociera.
E' un fatto che la randa aurica, provvista della sua controranda, è forse la più efficiente a tutte le andature, esclusa la bolina strettissima, nel qual caso la randa bermudiana permette di stringere il vento qualche grado di più. Diciamo qualche grado: questo può essere importante in regata, ma dà un vantaggio irrisorio in normale navigazione, quando un armo aurico può dare rendimenti superiori a tutte le altre andature, senza l'ausilio delle complicazioni di cambiamento di fiocchi, ingombranti e complicati spinnaker e loro relative attrezzature (tangoni, scotte, bracci, amantigli, caricabassi ecc.).
Un normale equipaggio familiare si troverà certamente meglio, senza ingombrare tutto il gavone di prua con vele per i cambi a seconda del vento e dell'andatura, con un semplice armo aurico.
Forse è venuto il tempo di riprendere in considerazione il buon, semplice, pratico e sicuro armo aurico, dedicandogli un po' dello studio e dell'esperienza dedicati al suo successore armo bermudiano o marconi. Dobbiamo riprendere a conoscerlo e migliorarlo, pur conservandone le caratteristiche tradizionali di semplicità e solidità, che ne avevano fatto la vela principe, dopo secoli di evoluzione, dalla vela quadra alla latina, a quella al terzo ed al quarto.
"da Borea"
In questi ultimi tempi, in cui si comincia a mettere in dubbio molte delle tendenze che hanno caratterizzato l'evoluzione, negli ultimi cento anni, delle imbarcazioni da crociera a vela, sembra che la forma della attrezzatura, oltre che quella degli scafi, sia oggetto di forti critiche.
La regata, il puro agonismo, hanno portato a notevoli progressi la vela, sia dal punto di vista progettuale, che da quello tecnologico.
Nuovi materiali, quali in particolare quelli sintetici, hanno offerto opportunità immense, sia per la maggiore solidità e durata, riduzione nella manutenzione e conseguente economia, sia per taluni rendimenti ai fini della efficienza. Già la celebre "America" negli anni a metà del secolo scorso, si era presentata alle regate, stravincendo, in Inghilterra, con vele di tessuto speciale di cotone, a tessitura e trama più fitta ed omogenea delle vele fin allora in uso, dimostrando una grande efficienza aerodinamica, per la loro impermeabilità all'aria, indeformabilità, oltre al "taglio" molto avanzato per i tempi. E bisogna notare che a quei tempi gran parte delle conoscenze ed esperienze aerodinamiche erano totalmente ignorate. Non era ancora sorta la scienza e la sperimentazione dovuta all'avvento della navigazione aerea, e gli studi approfonditi sui profili alari dovevano in effetti svilupparsi con l'enorme balzo verificatosi nell'aeronautica fra il 1910 ed il 1930.
Se la competizione, la regata, hanno dopo il 1920 registrato un reale progresso nella progettazione velica, al fine di ottenere una prestazione migliore in termini di pura velocità e possibilità di stringere il vento, e dopo gli anni '30, con l'evoluzione dello "spinnaker" anche nelle andature portanti, tuttavia le formule, inventate a scopi agonistici, per far competere sportivamente alla pari imbarcazioni spesso molto diverse, hanno penalizzato la superficie velica, quale fattore preminente di produzione di energia cinetica.
Le conoscenze acquisite in aeronautica dimostravano che, per ottenere maggior efficienza (aerodinamica delle basse velocità, come quelle registrabili in una imbarcazione a vela, che può solo sfruttare flussi d'aria molto lenti, confrontati a quelli di un aereo), un "bordo di attacco" molto allungato, per una incidenza minima, crea forze maggiori a parità di superficie. Ciò ha portato a uno sviluppo in altezza dei piano velico, con una forte riduzione della superficie, ottenendo sensibili vantaggi a parità di superficie esposte nel computo delle formule, supplendo alle deficienze della ridotta superficie nelle andature portanti mediante l'uso e lo sviluppo di spinnaker e fiocchi, meno penalizzati dalle stesse.
Questa tendenza sorta per lo sfruttamento delle formule di regata, non ha però giustificazione su imbarcazioni che vengono impiegate per pura crociera. Gli alberi, sempre più alti e fini, per esigenze aerodinamiche nelle andature di bolina, sono divenuti sempre più delicati, oltre a offrire, quando si è costretti a ridurre vela per la forza del vento, resistenze e sforzi che hanno sempre più di frequente causato rotture ed avarie di carattere meccanico.
Le esigenze, invece, di una barca da crociera, sono ben diverse: le limitazioni dovute alle formule da regata, intese per rendere il più possibile livellati i rendimenti tecnici e teorici, penalizzando i fattori favorevoli alla velocità, e favorendo quelli inversi, non sono più preminenti. Pertanto la superficie velica non è più soggetta a limitazioni (fattore favorevole alla velocità), né è più richiesto di dover esasperare la lunghezza del lato di inferitura, per aver miglior prestazioni di bolina, ma perdendo in efficienza nelle andature portanti, da compensare con fiocchi di maggior rendimento e spinnaker costosi, di difficile maneggio per un equipaggio di normali forze e capacità tecniche. Ne consegue che non sarà più necessaria un'alberata altissima, delicata e che aggiunge sforzi a tutte le strutture, comprese quelle dello scafo.
Queste considerazioni hanno rallentato, nelle barche da pura crociera, per molti anni il passaggio dall'armo aurico a quello detto bermudiano o marconi. Solo nei tardi anni '30 l'armo bermudiano si è imposto anche sulle barche da crociera, per vari motivi. Uno è stata la moda, come spesso avviene. Il fascino delle barche da regata, che davano risultati sorprendenti di velocità ed efficienza nelle andature di bolina, anche perché i loro scafi erano progettati per ottenere i più notevoli rendimenti in assenza di mare formato, ha certamente influenzato gli yachtsmen ed i progettisti. Un'altro fattore di preferenza per l'armo bermudiano è stato certamente la maggior facilità di manovra e la sua semplicità: una randa triangolare, con una sola drizza, agevole da ammainare e rizzare al corto boma in caso di riduzione o eliminazione per eventuali colpi di vento, da un equipaggio di numero ridotto.
Esaminiamo ora i vantaggi del vecchio e tradizionale armo aurico.
Questo si basa su una randa trapezoidale, distesa fra l'albero, piuttosto corto, un boma ed un picco. La sua efficienza è dovuta alla notevole superficie ottenibile, maggiore relativamente all'altezza dell'albero, rispetto a quella triangolare bermudiana. Il lato alto della vela è issato portando a riva il picco, mediante due drizze, una detta di gola, assicurata appunto alla gola dello stesso, che scorre lungo all'albero, ed una seconda drizza detta di penna, assicurata alla varea del picco, che permette alla vela di assumere la sua forma trapezoidale.
Questa vela in origine veniva issata lungo un albero relativamente corto e robusto, che non necessitava di crocette ed irrigidimenti con sistemi complessi di sartie e sartiole, pennaccini ecc. Era per lo più costituito da un semplice fusto in legno, un semplice palo, assicurato alle lande con un altrettanto semplice insieme di sartie e stralli, eventualmente da sartie volanti per trattenerlo verso poppa.
Il vantaggio di tale armo era soprattutto di tenere molto basso il centro di spinta delle vele, e pertanto la coppia di sbandamento della barca, permettendo, così, di tenere a riva più vela anche quando il vento rinforza, guadagnando perciò anche in velocità su barche armate alla bermudiana, costrette a ridurre tela molto prima che con l'armo aurico. Altro vantaggio sul bermudiano, la maggior potenza ottenibile nelle andature portanti, senza dover ricorrere a spinnaker, fiocchi da lasco e altre vele inventate, appunto, per supplire alla scarsa potenza della vela triangolare bermudiana, a queste andature.
Inoltre l'armo aurico permette, con scarsità di vento, l'uso di una efficientissima controranda, costituita da una vela triangolare da sovrapporre alla randa, fra il picco e l'albero, (o alberetto sovrapposto all'albero). Altro vantaggio della vela aurica, è lo scarso sbandamento della barca che agevola sensibilmente la manovra all'equipaggio, creando una piattaforma più agibile sulla quale muoversi, con minor pericolo di essere sbalzati fuori bordo.
Come abbiamo anzidetto, la vela ha subito notevoli miglioramenti di efficienza e facilità di manovra negli anni fra i '20 ed il momento attuale. Anche per l'adozione di nuove tecnologie e materiali.
Questi progressi sono stati apportati esclusivamente all'armo bermudiano, il più usato nel campo agonistico, ed ora anche in crociera.
L'anno aurico, per contro, è rimasto quale era nella tradizione ottocentesca, utilizzato solo su barche destinate all'amante della vecchia marineria, spesso molto più "marinaio" del moderno velista.
E' facile immaginare cosa avrebbe potuto esser apportato in migliorie di efficienza e comodità di manovra, se il medesimo impegno fosse stato rivolto verso l'arino aurico.
Conservando le doti di efficienza di questo antico sistema velico, e apportando il patrimonio di esperienza e di tecnologia attuali, esso potrebbe venir portato a efficienze paragonabili a quanto oggi si vede e va per mare. Vogliamo menzionare l'introduzione di winch studiati per alleviare molta della fatica dell'equipaggio e il numero dello stesso, l'impiego di materiali più leggeri, il taglio delle vele, che potrebbe sfruttare le migliori conoscenze ricavate dalla esperienza aeronautica, i tessuti sintetici, ecc.
E' senz'altro vero che la vela bermudiana ha un rendimento maggiore, a parità di superficie velica, di quella aurica. Ma si deve considerare che la riduzione della detta superficie è solo un vantaggio nell'ambito delle formule di compenso per la regata. Se l'armo bermudiano è avvantaggiato nelle andature di bolina stretta, non lo è affatto, se non con l'ausilio di grandi e scomodi spinnaker, per le andature portanti.
Vediamo oggigiorno, che per certe classi da regata, non ultimo esempio la "Coppa America", si è adottata una randa steccata che ha una forma molto vicina a quella di una aurica con sovrapposta la controranda. Sono vele efficientissime, certamente più del tradizionale bermudiano. Sono però rande sprovviste di sistemi per ridurre vela (terzaroli), delicate (quante stecche abbiamo visto spezzate nelle ultime regate della "Coppa America"), certamente inadatte per la crociera.
E' un fatto che la randa aurica, provvista della sua controranda, è forse la più efficiente a tutte le andature, esclusa la bolina strettissima, nel qual caso la randa bermudiana permette di stringere il vento qualche grado di più. Diciamo qualche grado: questo può essere importante in regata, ma dà un vantaggio irrisorio in normale navigazione, quando un armo aurico può dare rendimenti superiori a tutte le altre andature, senza l'ausilio delle complicazioni di cambiamento di fiocchi, ingombranti e complicati spinnaker e loro relative attrezzature (tangoni, scotte, bracci, amantigli, caricabassi ecc.).
Un normale equipaggio familiare si troverà certamente meglio, senza ingombrare tutto il gavone di prua con vele per i cambi a seconda del vento e dell'andatura, con un semplice armo aurico.
Forse è venuto il tempo di riprendere in considerazione il buon, semplice, pratico e sicuro armo aurico, dedicandogli un po' dello studio e dell'esperienza dedicati al suo successore armo bermudiano o marconi. Dobbiamo riprendere a conoscerlo e migliorarlo, pur conservandone le caratteristiche tradizionali di semplicità e solidità, che ne avevano fatto la vela principe, dopo secoli di evoluzione, dalla vela quadra alla latina, a quella al terzo ed al quarto.
"da Borea"
Re: Armo Aurico vs Bermudiano
TECNICA DELL'ARMO AURICO
Molti mi chiedono chiarimenti su come funziona il "misterioso" armo aurico. Credo di fare una cosa utile proponendo qui alcune foto commentate. Ovviamente si tratta solo di esempi. Le barche tradizionali non sono tutte uguali e non adottano tutte le stesse soluzioni. Quelle qui mostrate sono però molto indicative e possono dare buone idee a chi desidera realizzare un armo aurico e trovare la soluzione più adatta alle sue esigenze.
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Il disegno qui sotto è di Giuseppe Casalino ed illustra l'anello di cui è dotato il bompresso di alcune barche. Sull'anello può essere montato un rollafioccco. Il sistema consente all'anello di scorrere sul boma per portare indietro o buttare fuori la vela.
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Molti mi chiedono chiarimenti su come funziona il "misterioso" armo aurico. Credo di fare una cosa utile proponendo qui alcune foto commentate. Ovviamente si tratta solo di esempi. Le barche tradizionali non sono tutte uguali e non adottano tutte le stesse soluzioni. Quelle qui mostrate sono però molto indicative e possono dare buone idee a chi desidera realizzare un armo aurico e trovare la soluzione più adatta alle sue esigenze.
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Il disegno qui sotto è di Giuseppe Casalino ed illustra l'anello di cui è dotato il bompresso di alcune barche. Sull'anello può essere montato un rollafioccco. Il sistema consente all'anello di scorrere sul boma per portare indietro o buttare fuori la vela.
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Re: Armo Aurico vs Bermudiano
L'armo aurico è caratterizzato da una randa di forma trapezoidale tesa tra l'albero, un picco (nella parte alta) e il boma. Al di sopra della randa può essere issata una seconda vela di forma triangolare: la controranda (in inglese, topsail).
Lo foto sopra e la figura a fianco mostrano l'armo aurico nella sua massima estensione: si tratta di due cutter (cioè barche dotate di più di uno strallo) armati con randa, controranda, e (nell'ordine da poppa a prua) di trinchetta, fiocco murato sul bompresso e controfiocco. Vi sono tuttavia barche con vela aurica armate a cat boat (cioè senza vele di prua) e a sloop (cioè con un solo fiocco). Ovviamente questa è una classificazione standard basata sulla velatura. In realtà ad ogni tipo di armo corrisponde un tipo di scafo: uno sloop non diventa un cutter solo aggiungendo un fiocco a prua!
Il picco è dotato di una gaffa a forma di “U”, che scorre lungo l'albero. Per questo motivo, in inglese le barche dotate di vela aurica sono chiamate "gaff boats" e i loro armatori "gaffers". La randa è issata portando a riva il picco. Tale operazione viene svolta da due drizze: una è fissata alla gaffa, l'altra sull'estremità opposta del picco. L'amantiglio (cioè il cavo teso tra l'albero e il boma destinata a sostenerlo quando la randa è ammainata) corre lateralmente alla vela: deve pertanto essere lascato quando la randa è issata per non interferire sulla curvatura della vela. L'albero, almeno sulle barche di dimensioni più ridotte, può essere un semplice fusto di legno pieno, privo di crocette, sorretto da due coppie di sartie, mentre non v'è il paterazzo (sostituito, ma solo sulle barche di dimensioni maggiori, da volanti). Un particolare tipo di vela aurica è quella al terzo. Anche questa vela ha forma trapezoidale, ma il picco scorre sul lato dell'albero. Infatti circa un terzo (di qui il nome della vela) della lunghezza dell'antenna si trova a proravia rispetto all'albero, come illustrato nella figura a sinistra in basso. Si tratta della vela tipica della barche tradizionali adriatiche.
VELA AURICA: UN ARMO DA RISCOPRIRE
La vela aurica è sempre stata diffusa principalmente sulle barche da lavoro delle marinerie dell'Atlantico del nord. In Mediterraneo (dove prevalevano, come noto, la vela latina e quella al terzo) l'armo aurico ha conosciuto una certa diffusione sulle barca da diporto e da regata a partire a cavallo tra il XIX e il XX secolo, finendo per essere soppiantato nel secondo dopoguerra dall'armo Marconi o bermudiano (cioè quello che prevede la randa triangolare d'uso comune). Oggi si tende a considerare l'aurica una vela d'altri tempi, scomoda e meno efficiente rispetto alla bermudiana. In realtà l'aurico è un armo che presenta numerose caratteristiche che lo rendono particolarmente adatto alle piccole imbarcazioni da diporto. Vediamo perché, sfatando anche qualche luogo comune.
DOMANDE E RISPOSTE
E' vero che la vela bermudiana è più efficiente perché genera più spinta a parità di superficie velica?
E' vero. Occorre tuttavia osservare che, a parità di superficie velica, la bermudiana necessita di un albero più alto. Ciò da un lato rende necessario alleggerire l'albero con l'impiego di materiali dotati di basso peso specifico, dall'altro, conseguentemente, impone l'irrobustimento della struttura, mediante l'impiego di un complesso sistema di sartie e crocette, anche in barche di modeste dimensioni. L'albero che regge una vela aurica, essendo più basso, può invece essere realizzato con un semplice fusto di buon legno stagionato, o con tavole di legno incollate con epidossica e opportunamente sagomate. Sulle piccole barche questo albero non necessita di crocette, può essere retto da sole quattro sartie e (se ben costruito) è praticamente eterno. Inoltre la ridotta lunghezza dell'albero e l'assenza di un complesso sartiame, rende agevole la realizzazione di alberi abbattibili e pone meno problemi di lunghezza e ingombro nel caso di traino della barca su strada.
Sul piano strettamente velistico, il vantaggio maggiore dell'albero corto e della forma trapezoidale della vela è dato dall'abbassamento del contro velico e dalla conseguente riduzione della tendenza della barca alla sbandamento a parità di vento. Ciò significa che al salire dell'intensità del vento, lo scafo dotato di vela aurica potrà permettersi di ridurre la tela più tardi rispetto a un identico scafo dotato di armo bermudiano. Ne consegue che con vento sostenuto la barca aurica potrà esporre più vela di una bermudiana e, quindi, ottenere andature più elevate.
E' vero che la vela bermudiana stringe meglio il vento?
A parte il fatto che la capacità di una barca di stringere il vento non dipende solo dalle vele, la anche da altri fattori, quali la forma dello scafo, la zavorra, ecc., non vi sono notevoli differenze tra i due armi nella capacità di stringere il vento: pare che l'armo bermudiano consenta di guadagnare qualche grado solo nelle andatura di bolina molto stretta. Ma si tratta di differenze irrilevanti nel normale uso croceristico. Per contro, alle andature portanti, la randa aurica è sempre più efficiente della bermudiana (praticamente è come esporre al vento una vela quadra). Ne consegue che in queste andature la barca armata con vela aurica non ha necessità di compensare la minore efficienza della randa triangolare mediante l'impiego di spinnaker o altre speciali vele di prua. Ciò rende più semplice la conduzione della barca (specie se usata per puro diletto) e fa risparmiare il costo dell'acquisto di qualche vela.
E' vero che la randa aurica è particolarmente scomoda perché necessita di una doppia drizza per issarla e ammainarla?
L'unica drizza di randa è la sola caratteristica dell'armo bermudiano non compensata da qualche vantaggio dell'armo aurico. In realtà la “complicazione” causata dalla doppia drizza è, in concreto, assai modesta e diviene praticamente inavvertibile dopo aver fatto un poco di esperienza.
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Lo foto sopra e la figura a fianco mostrano l'armo aurico nella sua massima estensione: si tratta di due cutter (cioè barche dotate di più di uno strallo) armati con randa, controranda, e (nell'ordine da poppa a prua) di trinchetta, fiocco murato sul bompresso e controfiocco. Vi sono tuttavia barche con vela aurica armate a cat boat (cioè senza vele di prua) e a sloop (cioè con un solo fiocco). Ovviamente questa è una classificazione standard basata sulla velatura. In realtà ad ogni tipo di armo corrisponde un tipo di scafo: uno sloop non diventa un cutter solo aggiungendo un fiocco a prua!
Il picco è dotato di una gaffa a forma di “U”, che scorre lungo l'albero. Per questo motivo, in inglese le barche dotate di vela aurica sono chiamate "gaff boats" e i loro armatori "gaffers". La randa è issata portando a riva il picco. Tale operazione viene svolta da due drizze: una è fissata alla gaffa, l'altra sull'estremità opposta del picco. L'amantiglio (cioè il cavo teso tra l'albero e il boma destinata a sostenerlo quando la randa è ammainata) corre lateralmente alla vela: deve pertanto essere lascato quando la randa è issata per non interferire sulla curvatura della vela. L'albero, almeno sulle barche di dimensioni più ridotte, può essere un semplice fusto di legno pieno, privo di crocette, sorretto da due coppie di sartie, mentre non v'è il paterazzo (sostituito, ma solo sulle barche di dimensioni maggiori, da volanti). Un particolare tipo di vela aurica è quella al terzo. Anche questa vela ha forma trapezoidale, ma il picco scorre sul lato dell'albero. Infatti circa un terzo (di qui il nome della vela) della lunghezza dell'antenna si trova a proravia rispetto all'albero, come illustrato nella figura a sinistra in basso. Si tratta della vela tipica della barche tradizionali adriatiche.
VELA AURICA: UN ARMO DA RISCOPRIRE
La vela aurica è sempre stata diffusa principalmente sulle barche da lavoro delle marinerie dell'Atlantico del nord. In Mediterraneo (dove prevalevano, come noto, la vela latina e quella al terzo) l'armo aurico ha conosciuto una certa diffusione sulle barca da diporto e da regata a partire a cavallo tra il XIX e il XX secolo, finendo per essere soppiantato nel secondo dopoguerra dall'armo Marconi o bermudiano (cioè quello che prevede la randa triangolare d'uso comune). Oggi si tende a considerare l'aurica una vela d'altri tempi, scomoda e meno efficiente rispetto alla bermudiana. In realtà l'aurico è un armo che presenta numerose caratteristiche che lo rendono particolarmente adatto alle piccole imbarcazioni da diporto. Vediamo perché, sfatando anche qualche luogo comune.
DOMANDE E RISPOSTE
E' vero che la vela bermudiana è più efficiente perché genera più spinta a parità di superficie velica?
E' vero. Occorre tuttavia osservare che, a parità di superficie velica, la bermudiana necessita di un albero più alto. Ciò da un lato rende necessario alleggerire l'albero con l'impiego di materiali dotati di basso peso specifico, dall'altro, conseguentemente, impone l'irrobustimento della struttura, mediante l'impiego di un complesso sistema di sartie e crocette, anche in barche di modeste dimensioni. L'albero che regge una vela aurica, essendo più basso, può invece essere realizzato con un semplice fusto di buon legno stagionato, o con tavole di legno incollate con epidossica e opportunamente sagomate. Sulle piccole barche questo albero non necessita di crocette, può essere retto da sole quattro sartie e (se ben costruito) è praticamente eterno. Inoltre la ridotta lunghezza dell'albero e l'assenza di un complesso sartiame, rende agevole la realizzazione di alberi abbattibili e pone meno problemi di lunghezza e ingombro nel caso di traino della barca su strada.
Sul piano strettamente velistico, il vantaggio maggiore dell'albero corto e della forma trapezoidale della vela è dato dall'abbassamento del contro velico e dalla conseguente riduzione della tendenza della barca alla sbandamento a parità di vento. Ciò significa che al salire dell'intensità del vento, lo scafo dotato di vela aurica potrà permettersi di ridurre la tela più tardi rispetto a un identico scafo dotato di armo bermudiano. Ne consegue che con vento sostenuto la barca aurica potrà esporre più vela di una bermudiana e, quindi, ottenere andature più elevate.
E' vero che la vela bermudiana stringe meglio il vento?
A parte il fatto che la capacità di una barca di stringere il vento non dipende solo dalle vele, la anche da altri fattori, quali la forma dello scafo, la zavorra, ecc., non vi sono notevoli differenze tra i due armi nella capacità di stringere il vento: pare che l'armo bermudiano consenta di guadagnare qualche grado solo nelle andatura di bolina molto stretta. Ma si tratta di differenze irrilevanti nel normale uso croceristico. Per contro, alle andature portanti, la randa aurica è sempre più efficiente della bermudiana (praticamente è come esporre al vento una vela quadra). Ne consegue che in queste andature la barca armata con vela aurica non ha necessità di compensare la minore efficienza della randa triangolare mediante l'impiego di spinnaker o altre speciali vele di prua. Ciò rende più semplice la conduzione della barca (specie se usata per puro diletto) e fa risparmiare il costo dell'acquisto di qualche vela.
E' vero che la randa aurica è particolarmente scomoda perché necessita di una doppia drizza per issarla e ammainarla?
L'unica drizza di randa è la sola caratteristica dell'armo bermudiano non compensata da qualche vantaggio dell'armo aurico. In realtà la “complicazione” causata dalla doppia drizza è, in concreto, assai modesta e diviene praticamente inavvertibile dopo aver fatto un poco di esperienza.
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Re: Armo Aurico vs Bermudiano
come abbiamo avuto modo di dirci tempo fa
a me piace molto
la considero solo un po + brigosa e impegnativa anche + pesante
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bifrak- Admin
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Re: Armo Aurico vs Bermudiano
Bella anche la documentazione fotografica, bravo Stefano.
Quando ho usato un armo aurico non ho percepito capacità inferiori di bolinare rispetto ad un classico armo Marconi, naturalmente non si possono confrontare armi così datati con armi moderni studiati per ottimizzare determinate andature. Però, tanto per fare un esempio, ci sono armi e scafi disegnati per correre con andature portanti come i mini 650 che oggigiorno bolinano anche meno degli armi aurici.
Per quanto riguarda le regolazioni, in effetti ci si deve dare da fare con l'armo aurico, ma anche per ottimizzare un armo Marconi si deve lavorare un po' ed avere gli scottini nei posti giusti, semmai ci si rende meno conto di quando sta portando da schifo. Non dimentichiamo, e qui Oracle è destinata a fare storia, che le vele divise in tante sezioni possono essere ottimizzate meglio per il vento specifico che incontrano in quella parte dela barca ed a quella quota.
Quando ho usato un armo aurico non ho percepito capacità inferiori di bolinare rispetto ad un classico armo Marconi, naturalmente non si possono confrontare armi così datati con armi moderni studiati per ottimizzare determinate andature. Però, tanto per fare un esempio, ci sono armi e scafi disegnati per correre con andature portanti come i mini 650 che oggigiorno bolinano anche meno degli armi aurici.
Per quanto riguarda le regolazioni, in effetti ci si deve dare da fare con l'armo aurico, ma anche per ottimizzare un armo Marconi si deve lavorare un po' ed avere gli scottini nei posti giusti, semmai ci si rende meno conto di quando sta portando da schifo. Non dimentichiamo, e qui Oracle è destinata a fare storia, che le vele divise in tante sezioni possono essere ottimizzate meglio per il vento specifico che incontrano in quella parte dela barca ed a quella quota.
Re: Armo Aurico vs Bermudiano
HO trovato altri 2 vantaggi, le vele per armo aurico costano un terzo, un gioco completo non prevede spi o jennaker.....penso sia un armo da rivalutare
Re: Armo Aurico vs Bermudiano
anche su un armo Marconi se nn compri lo spy o il gennaker ......risparmi
bifrak- Admin
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Re: Armo Aurico vs Bermudiano
......e cammini poco, invece le vele auriche sono come le quadre in poppa.......bifrak ha scritto:anche su un armo Marconi se nn compri lo spy o il gennaker ......risparmi
Re: Armo Aurico vs Bermudiano
a parte le biscagline.............
che fanno tanto corsaro a carnevale
la barca mi piace!!
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bifrak- Admin
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Re: Armo Aurico vs Bermudiano
A me piacciono pure quelle, e non potendo mettere i gradini sull'albero......bifrak ha scritto:a parte le biscagline.............
che fanno tanto corsaro a carnevale
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Re: Armo Aurico vs Bermudiano
Più in teoria che in pratica studio l'armo aurico da diversi anni. Ho terminato ad Agosto il restauro di un Cutter a Yawl, boomless, dei primi del secolo. Lo studio ha riguardato l'armo completo; manovre, materiali e persino i nodi sono tradizionali.
Durante lo scorso fine settimana sono finalmente riuscito a provare la barca e quindi l'armo. Mi trovo molto bene e non cambierei per niente al mondo un albero di 8 metri con il precedente Bermudiano da 12. Si issa con due cime da soli senza gran fatica. Se ci pensate per completare issata della randa bermudiana si ha bisogno di un winch. Poi ci sono alcuni modi di "chiudere" la randa che sono spettacolari. Uno si può vedere sulle navi a palo tipo la Palinuro o Amerigo Vespucci: con delle cime fissate alla balumina si raccoglie la randa al picco e al albero senza ammainare. E' una manovra velocissima e semplice (Brail). C'è poi un altra manovra che è straordinaria e che fa migliorare di molto la resa alle andature di bolina; si tratta di due vang collegati tra il picco e la coperta. Con queste due manovre che sembrano delle volanti la randa non sventa e si stringe bene la bolina. Ho fatto per ora poche uscite ma appena avrò una base dati sufficiente tornerò con dei numeri.
Durante lo scorso fine settimana sono finalmente riuscito a provare la barca e quindi l'armo. Mi trovo molto bene e non cambierei per niente al mondo un albero di 8 metri con il precedente Bermudiano da 12. Si issa con due cime da soli senza gran fatica. Se ci pensate per completare issata della randa bermudiana si ha bisogno di un winch. Poi ci sono alcuni modi di "chiudere" la randa che sono spettacolari. Uno si può vedere sulle navi a palo tipo la Palinuro o Amerigo Vespucci: con delle cime fissate alla balumina si raccoglie la randa al picco e al albero senza ammainare. E' una manovra velocissima e semplice (Brail). C'è poi un altra manovra che è straordinaria e che fa migliorare di molto la resa alle andature di bolina; si tratta di due vang collegati tra il picco e la coperta. Con queste due manovre che sembrano delle volanti la randa non sventa e si stringe bene la bolina. Ho fatto per ora poche uscite ma appena avrò una base dati sufficiente tornerò con dei numeri.
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